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“Laureare” la gratuità. Quando il volontariato entra nel curriculum

CSV Milano2015-03-11T00:00:00+01:00
Pubblicato il
11/03/2015
Di CSV Milano
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Il volontariato esce a testa alta dalla risoluzione del Parlamento europeo votata il 12 giugno. Ancora una volta i banchi di Strasburgo assegnano un ruolo da protagonista al volontariato e al bagaglio di valori – gratuità, sussidiarietà, equità, solidarietà – affermati in precedenza, oggi si aggiunge un altro caposaldo: il riconoscimento formale delle competenze che i volontari acquisiscono nelle varie forme di volontariato organizzato.
Per quanto riguarda la politica, l’Unione europea ha inserito nelle Iniziative Faro della Strategia Europa 2020, “Youth on the Move” e “Agenda for New Skills for New Jobs”, la promozione del riconoscimento dell’apprendimento non formale e informale. L’Ue conferma quindi che le attività di volontariato sono fonte di apprendimento non formale e informale e che contribuiscono a fornire ai volontari competenze che devono essere riconosciute. Ma, come richiesto nel Manifesto del Volontariato per l’Europa, è necessario definire il quadro unico europeo di certificazione e di valorizzazione delle competenze acquisite nel volontariato.

La Commissaria Androulla Vassiliou (educazione e cultura) ha messo tra le priorità lo European skills passport–Passaporto Europeo delle Competenze – che intende aiutare i cittadini a registrare le proprie competenze in modo trasparente e comparabile. Importanti sviluppi sulla questione del riconoscimento delle competenze a livello europeo, sono state anticipate nella “Comunicazione sulle politiche dell’Ue e il volontariato: riconoscere e promuovere le attività di volontariato transfrontaliero nell’Ue” del settembre 2011 e nelle Conclusioni del Consiglio “The role of voluntary activities in social policy”, dell’ottobre 2011.

«L’argomento del riconoscimento – spiega il presidente di Ciessevi, Lino Lacagnina – è stato uno degli obiettivi dell’Anno Europeo del Volontariato e d è diventata anche una delle priorità della rete dei Centri di servizio per il volontariato insieme al Centro Europeo per il Volontariato (Cev). Il perchè è presto detto: sono osservatori privilegiati del valore aggiunto che l’attività di volontariato porta non solo alla comunità e alle persone che ne beneficiano, ma anche a chi quell’attività la svolge. Un valore aggiunto che per i volontari stessi si rispecchia in competenze acquisite. Ma spesso queste competenze non sono né riconosciute né certificate, ed è un errore. Semmai mettere nel curriculum la personale esperienza di volontariato è il sigillo su capacità operative e sensibilità sociali acquisite sul campo, competenze di cui l’Italia e l’Europa hanno urgentemente bisogno per essere una comunità di cittadini eticamente responsabili».

Come anticipanto in un recente documento del Cev, il volontariato sembra poter costituire inoltre una alternativa immediata per tutti coloro che si trovano a confrontarsi, inaspettatamente, con la disoccupazione, consentendo loro di mantenere attive e in esercizio le proprie competenze, di svilupparne di nuove, di mantenere vivo il senso di appartenenza a una comunità locale e di creare legami sociali e reti. In questo senso, il volontariato aumenta l’occupabilità delle persone. Molte attività di volontariato sono, in fondo, eventi sociali di incontro reciproco che infondono e facilitano nell’individuo la percezione di essere utili e di costituire una risorsa per la società. Vale la pena sottolineare, anzi andrebbe maggiormente valorizzato, l’impatto che queste attività producono in termini di benessere personale e di prevenzione del rischio di esclusione e depressione.

«Ciessevi Milano – continua Lacagnina – è un’avanguardia. Infatti, già da alcuni anni ha intrapreso alcune sperimentazioni nelle scuole, dalla materna fino alle superiori. Si tratta di percorsi di avvicinamento all’azione volontaria che si concludono con la consegna di un “passaporto” personalizzato che convalida il percorso fatto. Le scuole che hanno sperimentato questo percorso sono le elementari A. Moro di Canegrate, le elementari di primo e secondo circolo di Rozzano, l’istituto Peano di Cinisello Balsamo, la scuola media Fermi di Lainate, liceo Cremona, liceo Leone XIII, istituto Kandiskij, istituto Pareto, istituto Oriani-Mazzini e istituto Frisi di Milano. INoltre, da poche settimane è stato avviato il progetto “Lightup!” in collaborazione con il Comune di Milano finalizzato anche a promuovere il passaporto del volontariato a tutti gli istituti della città. Il volontariato non è un passatempo, ma un esperienza che fornisce abilità e competenze che possono essere spese nel mondo del lavoro. L’attività di volontariato aiuta, infatti, a formare in una persona tutti quei comportamenti (di responsabilità, di capacità di progettare, di relazione con le persone, di relazione con le istituzioni) che poi risultano utili anche nei rapporti di lavoro».

Adesso che anche il Parlamento europeo ha riconosciuto l’importanza della certificazione delle attività volontarie la parola passa alle Istituzioni e in particolare al ministero dell’Istruzione affinché certifichi non solo l’acquisizione di crediti scolastici, ma anche l’inserimento nel curriculum vitae. E poi bisogna vincere lo scetticismo di alcuni dirigenti scolastici nel costituire tavoli tecnici tra dirigenti, docenti e rappresentanti delle associazioni per stabilire le linee guida e progettare insieme i percorsi di volontariato.

«Ciessevi – conclude Lacagnina – con ancor più responsabilità sarà a fianco delle associazioni, delle amministrazioni locali, delle scuole e dell’Ufficio Scolastico Territoriale di Milano, con il quale in questi giorni è stato rinnovato il protocollo d’intesa triennale».

#TAG: Competenze  Milano  

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