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Associazioni sportive dilettantistiche: quando c’è lo scopo di lucro

CSV Milano2014-02-25T00:00:00+01:00
Pubblicato il
25/02/2014
Di CSV Milano
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La Commissione tributaria provinciale di Firenze (sentenza 107 del 2014) ha respinto il ricorso di un’associazione sportiva dilettantistica, escludendo la natura non lucrativa dell’ente sottoposto a controllo. Ai fini della qualifica di “enti non commerciali” e della conseguente applicazione del regime fiscale agevolato, le scritture contabili costituiscono una prova.

In questo caso, infatti, nell’ambito dell’attività di controllo della documentazione contabile ed extracontabile, è stata esclusa la natura non lucrativa dell’ente e di conseguenza la non applicazione delle agevolazioni in materia fiscale. L’associazione risulta quindi soggetta all’imposta sul reddito delle società (articolo 73, comma 1, lettera b, del Tuir) con tutte gli obblighi ai fini Ires, Irap e Iva.
In seguito al disconoscimento della natura di associazione sportiva dilettantistica, l’ufficio contestava l’agevolazione fiscale prevista per i compensi erogati agli atleti dilettanti ed equiparati, con il conseguente recupero delle ritenute non operate e le sanzioni per omesso versamento.
Riportiamo di seguito, una serie di difetti riguardanti sia l’aspetto formale – contabilità e documentazione prodotta – sia l’aspetto sostanziale – controllo dell’effettiva sussistenza delle condizioni per l’applicazione del regime agevolato per le associazioni sportive dilettantistiche:

  1. mancata dimostrazione della partecipazione alla vita e alla gestione dell’associazione da parte dei soci
  2. mancata dimostrazione della validità delle assemblee, del numero legale dei presenti, dell’effettiva partecipazione alle stesse
  3. mancata istituzione di scritture sociali (libro del Consiglio direttivo, libro soci) in violazione delle previsioni statutarie
  4. mancata redazione del rendiconto (violazione dell’obbligo di redigere e approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie da parte del Consiglio direttivo e in base a quanto previsto anche all’articolo 148, comma 8, del Tuir)
  5. mancata possibilità di riscontro dell’assenza del fine di lucro
  6. mancata possibilità di riscontro del divieto di distribuzione di utili
  7. mancata possibilità di riscontro dell’entità delle entrate derivanti dalle quote associative e/o dai corrispettivi specifici eventualmente versati dagli associati per usufruire dei corsi e della destinazione degli stessi agli scopi sociali
  8. mancata possibilità di riscontro della correttezza dell’erogazione dei compensi agli istruttori.

Secondo la Cassazione (sentenza 11456/2010): «Deve, infatti, ritenersi che l’applicazione alle associazioni sportive dilettantistiche, ed agli altri enti associativi ivi elencati, del trattamento agevolato previsto dal Dpr 917 del 1986, art. 111 e del Dpr 633 del 1972, art. 4 come modificati, con evidente finalità antielusiva, dal DLgs 4 dicembre 1997, n. 460, art. 5 – trattamento correlato ai fini di rilevanza sociale perseguiti dagli enti medesimi e ritenuti dal legislatore meritevoli di particolare tutela, è soggetta alla condizione dell’inserimento, negli atti costitutivi o negli statuti, di tutte le clausole in tale norma dettagliatamente indicate (entro il termine, per le associazioni già costituite alla data del 1 gennaio 1998, del 18 dicembre 1998), nonché, ovviamente, all’accertamento – effettuato dal giudice di merito con congrua motivazione – che l’attività delle associazioni si svolga, in concreto, nel pieno rispetto delle prescrizioni contenute nelle clausole stesse. Non è affatto sufficiente, pertanto, al fine della fruizione del trattamento tributario di favore in esame, né la mera appartenenza dell’ente alla categoria delle associazioni in questione, né la conformità dello statuto alle norme stabilite per il riconoscimento della relativa qualifica».
Infine, per quanto lo statuto all’articolo 2 prevedesse espressamente l’assenza del fine di lucro dell’associazione, non è stato possibile appurare se l’organizzazione e la gestione dell’associazione fossero improntati su criteri di natura prettamente non commerciale e non è stato neppure possibile verificare il rispetto del divieto di distribuzione, anche indiretta, di utili a causa della mancata produzione del rendiconto relativo all’anno oggetto di accertamento (articolo 90, comma 18, lettera d, legge 289/2002, e articolo 148, comma 8, lettera a, Tuir).
Le associazioni sportive, pur non essendo obbligate alla tenuta delle scritture contabili obbligatorie, devono comunque osservare una serie di adempimenti documentali da cui si possa dedurre la natura “dilettantistica” e le modalità di esercizio dell’attività. Il rendiconto economico finanziario rappresenta uno strumento di trasparenza e di controllo dell’intera gestione economica e finanziaria dell’associazione, da cui poter desumere non soltanto il risultato economico dell’anno, ma anche la corretta destinazione degli utili di esercizio prodottisi nel corso degli anni ovvero delle modalità di copertura delle eventuali perdite.
Senza un controllo della contabilità e del rendiconto non c’è dunque modo per l’associazione di dimostrare all’Amministrazione finanziaria che tutti i proventi riscossi rientrassero tra quelli di natura istituzionale e che l’eventuale avanzo di gestione fosse stato reinvestito nell’ambito dell’attività sociale.
La Commissione di Firenze, quindi, ha respinto il ricorso affermando in particolare che: «le doglianze espresse dai ricorrenti risultano prive di pregio, in quanto negli avvisi è stato dettagliatamente indicato tutto il percorso giuridico per cui l’ufficio ha ritenuto inesistente il presupposto per beneficiare delle esenzioni previste dalle leggi di riferimento».
Secondo i giudici di primo grado, inoltre, «di fondamentale importanza è la mancanza del documento base per la dimostrazione dell’inesistenza del fine di lucro della Associazione, cioè il Bilancio Consuntivo. Invero il Verbale dell’Assemblea fa appunto riferimento ad un bilancio del tutto inesistente, come inesistenti appaiono la maggior parte delle giustificazioni contabili delle voci citate (…) la mancanza di dovute e complete dimostrazioni dei movimenti finanziari ed economici dell’associazione inficia alla base le conclusioni ivi riportate. Quanto sopra, connesso alle altre irregolarità di sostanza, quali la mancanza dei libri sociali, la mancanza di ogni scrittura contabile anche elementare dimostra, in un quadro di irregolarità complessivo, come tutte le osservazioni poste dal ricorrente siano prive di pregio».
Quanto, poi, all’onere della prova i giudici di merito evidenziano come «spetta infatti al contribuente dimostrare di aver diritto alle agevolazioni richieste».

Fonte: FiscoOggi

#TAG: Aspetti fiscali  

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