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#Umani: La nuova campagna MSF che celebra il gesto umanitario e invita alla solidarietà e all’aiuto

CSV Bergamo2018-04-11T00:00:00+02:00
Pubblicato il
11/04/2018
Di CSV Bergamo
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Dolore, rabbia, paura, gioia e speranza, cinque emozioni che accomunano tutti gli esseri umani e che ogni giorno provano sia i pazienti che gli operatori umanitari di Medici Senza Frontiere (MSF), che si trovano in più di 70 paesi in situazioni di crisi sia ogni singolo individuo.

Le emozioni sono il cuore di #Umani, la nuova campagna di MSF promossa in occasione dei 25 anni di presenza dell’organizzazione umanitaria in Italia: l’obiettivo di questa campagna è riportare all’essenza dell’azione umanitaria invitando tutti a riscoprire il naturale istinto all’aiuto, perché le persone appartengono tutte a un unico genere, quello umano.

 Nello spot della campagna, le immagini delle emozioni si intrecciano con quelle dell’azione medico-umanitaria nei tanti contesti in cui MSF è in prima linea. Il dolore quando mancano le cure, come in alcune aree della Siria, dove nemmeno le organizzazioni possono più entrare. La rabbia quando la realtà sembra ingiusta, come durante l’epidemia di Ebola, che uccideva chi curava i propri cari. La paura, come in mare, perché non hai mai la certezza che tutti si salveranno. La gioia, quando con ogni mezzo riesci a raggiungere anche le comunità remote della Repubblica Democratica del Congo. La speranza, in una sala operatoria in Iraq, sempre.

 “In un momento in cui l’idea stessa di solidarietà è messa a rischio – dai contesti di guerra dove gli aiuti diventano bersaglio, fino al nostro paese dove chi aiuta può finire sotto accusa – #Umani riporta al centro l’atto umanitario nella sua essenza, quella dell’aiuto incondizionato, che non fa differenze, che muove da persona a persona” ha detto Loris De Filippi, presidente di MSF. “Per questo l’appello finale è ‘Sosteniamoci’. È un invito all’umanità e al sostegno reciproco, oggi necessario più che mai.”

Dal 1971 MSF è impegnata a offrire cure mediche nei contesti di crisi, senza alcuna discriminazione di provenienza, religione o credo politico. Lo fa attraverso medici, infermieri, logisti, psicologi, che ogni anno raggiungono e assistono milioni di persone la cui sopravvivenza è minacciata da guerre, epidemie, disastri naturali o esclusione dall’assistenza sanitaria. Nessun eroe, solo persone. Oltre 42.000 nel mondo: 38.000 selezionati a livello locale e 4.000 internazionali, più di 400 le partenze di operatori italiani nel 2017.

A dare voce alla campagna saranno proprio gli operatori e i pazienti di MSF: “Nel nostro ospedale di Tal Abyad, nel nord-est della Siria, un ragazzo di vent’anni che aveva subito tre amputazioni dopo un’esplosione in casa, coccolava con un solo braccio suo figlio appena nato”, racconta Diego Manzoni, anestesista bergamasco di MSF. “Nell’enorme dolore, un simbolo di speranza per continuare a prenderci cura gli uni degli altri, tenendo vivo un istinto che accomuna tutti noi”.

Immagini, storie, testimonianze sono sul sito www.medicisenzafrontiere.it/umani, insieme all’iniziativa social “Tu cosa provi?” che invita la community a indicare le proprie emozioni, per scoprire che sono le stesse di chi vive in una guerra, in un campo rifugiati, in una clinica MSF da qualche parte nel mondo.

La storia di Diego

“Dopo un po’ di anni in cui svolgevo regolarmente il mio lavoro di medico in Italia, sentivo che era giunto il momento di svolgere il mio lavoro in un contesto più difficile e bisognoso, mettendo a disposizione le mie competenze per aiutare altre persone”, inizia così il suo racconto Diego Manzoni, anestesista-rianimatore del Papa Giovanni XXIII di Costa Mezzate e operatore umanitario di Medici Senza Frontiere. Nel 2011, a 34 anni, Diego ha inviato la sua candidatura a MSF e dopo essere stato reclutato ha scelto la sua prima missione: destinazione Afghanistan. “Sono stato nell’ospedale di Kunduz, che è poi stato bombardato nel 2015. Lì ho potuto trascorrere una bella esperienza, importante e gratificante per merito delle persone con cui l’ho vissuta: i colleghi occidentali, ma soprattutto il personale locale. Lavorare con loro è entusiasmante e stimolante, sono contenti di imparare, disponibili a raccontare le loro storie e nasce così uno scambio di visioni sulla vita e sul lavoro che arricchisce entrambe le parti”, racconta Diego. Resta però il dover fare i conti ogni giorno con la difficoltà del contesto in cui si opera, fatto di bombardamenti e scarsità di risorse. Difficoltà che si superano volentieri perché “la soddisfazione che ci dà il nostro lavoro è di gran lunga maggiore. Si accetta il rischio a beneficio del risultato, che per un medico significa talvolta la soddisfazione di salvare una vita”. Dopo sei settimane Diego è rientrato a casa, ma almeno una volta all’anno continua a partire con MSF per posti sempre diversi (Afghanistan, Yemen, Iraq), perché la voglia e la passione di tornare a dare il proprio contributo non cessano. “Non si tratta solo di svolgere attività medica, ma di insegnarlo anche ad altri che poi potranno continuare a farlo anche quando noi torneremo a casa. La nostra sfida più grande è trasmettere una conoscenza che possa diventare patrimonio per quel territorio”. Quando torna in Italia Diego continua a lavorare in ospedale e in attesa di un’altra missione continua ad operare raccontando la propria esperienza e quello che ha incontrato. “Testimoniare quello che ho visto è un dovere, è compito mio raccontare cosa c’è dall’altra parte del mondo perché altrimenti non ha senso continuare a fare quello che facciamo. È parte del nostro compito dare voce a quello che abbiamo toccato con mano, a chi altrimenti voce non l’avrebbe”.

Articolo pubblicato sulla pagina “Volontariato. Le Buone Notizie” di L’Eco di Bergamo del 4 novembre 2017, a cura di CSV Bergamo e L’Eco di Bergamo.

La storia di Valentina

Valentina Albani Rocchetti, 27 anni di Almè, è logista per Medici Senza Frontiere: “Il logista è quella persona che si occupa del dietro le quinte di un ospedale: deve fare in modo che ci siano elettricità e acqua, e in generale che la struttura di un ospedale funzioni. Fa il lavoro dietro le quinte per fare in modo che i colleghi medici facciano quello che sanno fare meglio, ovvero salvare vite”. Valentina è partita per la prima volta con MSF nel 2016: “Una scelta data da un insieme di fattori: molto idealismo, senso dell’avventura, curiosità, ma soprattutto volevo qualcosa di più. Volevo un lavoro dove ci fosse più condivisione e che avesse un obiettivo di giustizia, che potesse dare qualcosa agli altri”.

Così nell’aprile 2016 Valentina ha partecipato alla sua prima missione in Congo nel villaggio di Bili: “Una prima missione che è stata esattamente quello che mi aspettavo: un ospedale in mezzo alla foresta dove per arrivare ci vogliono due giorni, che fornisce cure base e terapie salvavita. Mi sono ritrovata in mezzo ad una foresta e per sei mesi ho dovuto fare in modo che ci fosse tutto per far funzionare l’ospedale. È stato tutto molto intenso e gratificante”. Dopo il rientro dal Congo, nel gennaio 2017 Valentina è partita per la Repubblica Centrafricana nel gennaio 2017: un paese in guerra civile, dove MSF gestisce un ospedale a Bangui, la capitale. “Un contesto completamente diverso dal precedente e molto impegnativo, con molte difficoltà dettate dagli attacchi e dagli spari”. Qui MSF si occupa di maternità, con due centri che si forniscono assistenza medica per i parti e le patologie legate alla salute della donna, affrontando anche molti casi di violenza sessuale. “Ci troviamo in un paese dove la figura della donna è normalmente considerata inferiore a quella dell’uomo; in una situazione di conflitto la donna perde completamente valore e lo stupro diventa un’arma. Abbiamo visto cose terribili, da donna le ho vissute in modo ancora più forte: non dimenticherò mai quando abbiamo ricevuto una donna tenuta schiava per quasi due anni da un gruppo di ribelli, che è riuscita a scappare e aveva subito violenze inimmaginabili. O un’altra donna incinta arrivata in ospedale a bordo di una moto perché era stata colpita dallo scoppio di una granata”. Ora, dopo una missione di due mesi in Iraq, Valentina è a Bergamo in attesa di ripartire: “MSF è il mio lavoro e sicuramente ripartirò, probabilmente per l’Afghanistan”.

Articolo pubblicato sulla pagina “Volontariato. Le Buone Notizie” di L’Eco di Bergamo del 4 novembre 2017, a cura di CSV Bergamo e L’Eco di Bergamo.

MSF è un’organizzazione umanitaria internazionale indipendente fondata nel 1971. Fornisce soccorso in più di 70 Paesi, in base ai principi dell’etica medica e dell’imparzialità, ed è un movimento internazionale composto da 24 associazioni.Tra esse, dal 25 aprile 1993, MSF Italia, che da 25 anni si occupa di attività di reclutamento degli operatori umanitari, di raccolta fondi da destinare ai progetti (www.msf.it/bilancio), di comunicazione e sensibilizzazione. Dalla fine degli anni Novanta MSF ha anche avviato progetti in Italia, in particolare per fornire assistenza medica e psicologica alla popolazione migrante sul territorio. MSF opera solo grazie al sostegno di donatori individuali, aziende e fondazioni, che garantisce l’indipendenza della nostra azione. Il 100% dei fondi raccolti da MSF in Italia proviene da donazioni private. 

Scarica la locandina della campagna

#TAG: Per approfondire  

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